22 maggio 2009

Il ribelle: A

Inizia oggi il Dizionario de "Il ribelle dalla A alla Z", di Massimo Fini.
A. Antropocentrirsmo: credersi al centro dell'universo.
Antropoformismo: credere che Dio ci abbia creato a sua immagine e somiglianza.
Autarchia: unica alternativa alla globalizzazione.

Tratto da "il ribelle dalla A alla Z", di Massimo Fini, edito da Marsilio.
(la sintesi e quindi il "montaggio" dei brani tratti dal libro, sono di mia unica scelta e responsabilità.)

Antropocentrismo. L'uomo si crede il centro dell'Universo. Perché mai quest'essere che abita un minuscolo pianeta di un modesto sistema stellare che fa parte di una galassia fra milioni di altre galassie che compongono un universo che potrebbe essere uno dei tanti, infiniti, universi, così come la dimensione in cui vive solo una delle tante, infinite, dimensioni possibili, e la cui vita, come specie, dura, in tempi cosmici, meno di un nanosecondo, si consideri e si pensi il centro di questa infinità, spaziale, temporale, dimensionale, si può spiegare solo con la sua angoscia, con la sua esigenza di dare un senso a un'esistenza che non ne ha o che comunque non è ricavabile con gli strumenti limitati della sua ragione.
È il problema della nostra civiltà, oggi.
Non si tratta di idealizzare la Natura e di farne un feticcio o una sorta di nuova divinità. Il fatto è che la Natura ha elaborato le sue leggi in milioni di anni, queste leggi hanno quindi un senso profondo e prima di andare a toccarle bisogna rifletterci su parecchio.
Anche la scoperta che una pietra aguzza può essere usata come arma, è tecnologia, quindi la tecnologia esiste da sempre, nasce con l'uomo che non è solo Natura ma anche Cultura.
Il problema diventa tale con l'uso di massa della tecnologia e lo sfruttamento sistematico della Natura. Perché quest'uso ne altera gli equilibri, ne sovverte, forzandole oltre ogni limite, le leggi e ne provoca la reazione. La tecnologia infatti concentra in tempi e spazi ridottissimi ciò che la Natura ha regolato con cadenze lente e ampie. Proprio per questo ottiene, sul momento, i formidabili risultati che ottiene.
Ma questa concentrazione di energia ha inevitabilmente, nel tempo, dei controeffetti altrettanto potenti. È come una molla che libera la stessa forza che abbiamo messo nel comprimerla. Un boomerang.
Inoltre quando applichiamo a livello di massa le nostre invenzioni, scoperte, ritrovati e artifizi non siamo in grado, per quante proiezioni computerizzate si facciano, di prevedere e calcolare le variabili che mettiamo in circolo.
A furia di saccheggiare la Natura in modo dissennato stiamo devastando il pianeta e alterandone l'ordinamento in modo estremamente pericoloso. Abbiamo pervertito l'istinto di sopravvivenza in un autodistruttivo delirio di onnipotenza e, come delle cellule cancerogene, stiamo divorando e uccidendo il corpo da cui siamo nati, in cui siamo cresciuti e che ci dà vita.

Antropomorfismo. Che Dio, questo Essere perfettissimo, abbia creato l'uomo a sua immagine e somiglianzà è un'idea assai bizzarra e vagamente blasfema. A me pare un tantino più probabile che sia stato l'uomo a creare Dio a sua immagine e somiglianzà, non rendendogli peraltro un buon servizio.

Autarchia. II termine è oggi squalificato, non solo e non tanto perché fu una delle bandiere del fascismo, ma perché del tutto fuori dal tempo. Nell'era della globalizzazione, dell'integrazione di tutte le popolazioni del mondo all'insegna di un unico modello, quello occidentale, che ha dimostrato una forza, un'efficienza, una penetratività straordinarie, l'autarchia appare totalmente anacronistica e il termine stesso è scomparso dal linguaggio politico.
Eppure a una qualche forma, sia pur limitata e ragionata, di autarchia, intesa non solo in senso economico e politico (in greco il termine significa padronanza di sé) bisognerà pur tornare perché la globalizzazione omologa, appiattisce, rende tutto uguale e provoca nell'individuo un forte senso di estraniamento e una dolorosa perdita di identità.
Il consumo è il motore del modello. E il modello costringe al consumo per riempire il vuoto esistenziale che ha creato. Il circolo è vizioso.
Solo il ritorno a forme di autarchia economica, e quindi a comunità più piccole, più coese, più controllabili, dove l'uomo ritrovi identità, senso, padronanza di sé e i legami con gli altri, potrebbe, forse, consentirgli di riempire tale vuoto altrimenti che col consumo compulsivo e ossessivo e di spezzare questa catena.

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